your heart is pure,
and your mind is dear.



31.3.14

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Gio Ponti
scultura Madre e Figlia realizzata da Sabattini
in ottone argentato
1978
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30.3.14

29.3.14

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oggi

riviera t.

(buon compleanno mamma!)

27.3.14


Emma

26.3.14

amaretti


riviera t.

25.3.14

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24.3.14

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Bruce Weber

23.3.14

ECOLO



Enzo Mari
"ECOLO"
per
Officina Alessi
(1992) 1995

Enzo Mari realizza per Alessi “Ecolo”, un libretto d’istruzioni per realizzare da sè un vaso di fiori a partire da imballaggi usati. 
Esso contiene un etichetta rigida con il nome dell’Editore e dell’Ideatore da applicare, se si vuole, al vaso realizzato. 
Con ciò, oltre a fornire un prodotto funzionale, ricambiabile, dal costo nullo, trasmette un messaggio critico al sistema-merce “Oggi nel design, ciò che si acquista non è un prodotto ma solo un’etichetta”.

Lei, anche per denunciare l’ossessione del pezzo firmato, progettò Ecolo: un vaso che l’acquirente si costruiva da solo e su cui poi poteva applicare la sua firma e il marchio Alessi.
«Era anche un modo per far capire a tutti che il vaso è secondario rispetto alla composizione floreale».
 Sarà stato contento il produttore dei vasi. Sbaglio o lei ha sempre avuto un rapporto abbastanza complesso con gli imprenditori? 
«Il problema è che oggi tutti i grandi imprenditori realizzano oggetti solo per produrre denaro. Io con questi non ci posso lavorare. Cerco di lavorare solo con chi dimostra un po’ di passione per il progetto. Con chi si metterebbe in casa l’oggetto che produce». 
Educazione. Lei quanti designer ha allevato? 
«Nel mio studio sono passati circa 500 ragazzi. I migliori? Quelli che avevano fatto studi umanistici». 
Mari, lei è démodé. Parla di cultura umanistica nell’Italia delle tre “i”: Internet, Inglese, Impresa. 
«Le tre “i” servono per creare degli zombi, dei cyborg. La cultura umanistica, invece, ti fornisce un corrimano etico che ti accompagna in tutte le scelte. Nel design vuol dire anche progettare per la gente, ignorando il mercato». 
Lei che studi ha fatto? 
«Sono diventato un buon designer proprio perché di scuole ne ho frequentate poche. Non ho subito l’ultra parcellizzazione del sapere a cui sono sottoposti oggi i giovani. A quindici anni, a causa di una tragedia familiare, ho lasciato il liceo per fare il capofamiglia. Eravamo poveri. Da piccolo passavo le ore sulle dispense dei classici rilegate da mio padre. Mi aggiustavo i giocattoli. Ora si cresce con l’oppio dei computer e dei telefonini». 
Lei ha un clan di amici? 
«Ero molto amico dei Castiglioni e di Ettore Sottsass. Ora, tra i designer, non ne ho più».
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22.3.14

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riviera t.

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21.3.14

primavera


FRANCOISE HARDY


20.3.14

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19.3.14

un po'


Ettore Sottsass, Un po’ di attenzione
Osnago, Edizioni Pulcinoelefante, 2003

18.3.14

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riviera t.

(243/375)

Quando ero piccolissimo, un bambino di cinque o sei anni, certo non ero un bambino prodigio, ma facevo disegni con case, con vasi e fiori, con carri di zingari, con giostre e cimiteri...e poi, quando sono stato un po' più grande ho costruito barche a vela, belle e affilate, ricavate col temperino dalle cortecce tenere dei pini....
E poi abbiamo anche costruito un mulino straordinario che faceva andare un meccanismo con martello nel ruscello del bosco, tra lamponi e tele di ragni immensi, illuminate dalla polvere del sole
e poi, quando sono stato ancora più grande, avevo otto o nove anni, ho costruito barometri e cannocchiali di legno..per misurare il passaggio delle stelle, ma naturalmente nè il barometro nè il cannocchiale hanno mai funzionato, malgrado i disegni che facevo a proposito di un'astronomia come la immaginavo io e così via...
Mi è sempre sembrata la cosa più naturale disegnare e fare cose; qualunque cosa servisse per giocare, da solo o con qualcuno, qualunque cosa servisse a me o agli altri per misurare l'aria, lo spazio, il tempo, i giorni e le notti, qualunque cosa mi facesse svegliare, tremando, la mattina, con l'idea fissa che ci fosse qualcosa da fare o che forse c'era soltanto da correre giù nel bosco pesante di rugiada, di silenzio, di odore di funghi, a guardare se quella cosa che avevo, che avevamo fatto, funzionava ancora, se avevamo fatto bene a farla, ora che la guardavo con il sangue raffreddato dalla notte...
Non mi sentivo e non ci sentivamo designer, nè artisti, nè artigiani, nè ingegneri per un pubblico: non cercavamo nè consumatori, ne osservatori, nè cercavamo consensi, nè dissensi che non si trovassero tutti dentro noi stessi..

Adesso sono diventato così grande..non faccio più le barche lievi di corteccia..mi hanno fatto diventare un "artista". Se no, non mi pagano..
A me questo meccanismo strano nel quale sono stato cacciato piacerebbe romperlo.
Mi piacerebbe romperlo per me e per gli altri, per me e con gli altri...
Mi piacerebbe pensare che l'antico stato felice che ho conosciuto si possa in qualche modo ritrovare..
Non so se mi spiego

 1973

(una piccola meraviglia di colore rosa
 e aggiungo: vorrei sapere perchè)

13.3.14

dalle 9:30 alle 11

domenica mattina

riviera t.

12.3.14

11.3.14

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10.3.14

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una grande conchiglia, con un buco a sinistra

ieri

riviera t.

9.3.14

Féloche

un colpo di fulmine :)


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8.3.14

7.3.14

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riviera t.

5.3.14

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4.3.14

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riviera t.

DECORO, via Soardi 17 Rimini 

3.3.14

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Lupita Nyong’o

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Una mattina mi venne a prendere sotto casa, con un automobile color burro e la tappezzeria verdina. Mi disse: dai Sergio, che si va a Ciampino. A fare che? Chiesi. È una sorpresa, disse. Arrivammo che il sole era alto. Ci sdraiammo sul terrapieno che delimitava l’aeroporto e vedemmo gli aeroplani atterrare passando sulle nostre teste. 
L’innocenza un po’ infantile di certi gesti lo affascinava.

 (Sergio Zavoli ricorda Federico Fellini)


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